Diario di un’educatrice anonima

Scrivo, probabilmente cedendo a un momento di stanca disperazione.

Cosa vuol dire essere educatori? A questa domanda esistono tantissimi modi per rispondere. Ma cosa vuol dire essere educatori durante la pandemia? Anche qua, tante risposte…

E io ho la mia, molto personale. Mi sono laureata lo scorso novembre, tramite un pc, con la mascherina, senza tutti i miei cari vicino, senza poter festeggiare, dopo un percorso estenuante.

E, sempre a fine 2020, ho cominciato a lavorare con una cooperativa come educatrice professionale nelle scuole e nel servizio territoriale a domicilio. Ho preso la laurea e cominciato la mia carriera durante una pandemia ormai consolidata.

Avviarsi nel mondo del lavoro con prospettive a lungo termine (quindi non semplici lavori estivi o lavoretti da fare dopo le lezioni) è un’esperienza complicata per chiunque. Se poi, questo passaggio viene dominato da una situazione di incertezze, paure, fragilità e confusione… Be’, è ancora più complicato.

Una doccia gelata. Mi sono ritrovata a gestire dei casi delicati senza poter realizzare un’adeguata programmazione: in che modo si può creare un progetto educativo efficace ed efficiente per la persona quando non so se la settimana prossima la scuola sarà aperta? O se improvvisamente io o il minore siamo costretti alla quarantena? Per non parlare di quanti strumenti e di quante possibilità questo virus ci ha tolto.

 Le famiglie con cui lavoriamo sono in crisi, economica e non, famiglie che erano già delicate e fragili prima della pandemia. E i figli, i miei utenti, sono come spugne, assorbono il clima familiare ne soffrono.

Alle difficoltà della pandemia si aggiungono anche altri fattori, più classici di questo lavoro: mancanza di personale, comunicazioni dell’ultimo minuto, equipe che esistono solo sulla carta, colleghi inaffidabili , orari pesanti, sostituzioni improvvise.

E, infine, tutta la sfera personale dell’educatore, il quale improvvisamente fa più fatica a ritagliarsi dei momenti fuori dal mondo lavorativo perché non ci si può quasi muovere, non si può viaggiare, è difficile vedere gli amici, è difficile anche vivere serenamente la vita di coppia a causa del troppo stress.

Non sappiamo a quali certezze aggrapparci e far aggrappare i nostri utenti, i quali ora più che mai (consciamente o meno) hanno bisogno di un sostegno.

Ma è solo questo che vuol dire essere educatori nel 2021? Ovviamente no. Ed è questo “no” a farmi amare il mio lavoro nonostante tutto. Perché ci sono anche i momenti belli, durante i quali i tuoi sforzi vengono ripagati: un sorriso, un esito raggiunto, una parola in più, il complimento del capo, i ringraziamenti dei genitori…

Sicuramente ho iniziato la mia carriera con il botto in un periodo non facile. Spesso le gratificazioni non compensano la fatica e lo stress. Anche noi educatori siamo umani, con le nostre debolezze e fragilità, con le nostre paure e insicurezze.

Eppure, io e molti altri educatori non stiamo mollando e continuiamo a testa alta a fare il nostro lavoro… anche se molto spesso “nell’ombra”.

Ma questo è un altro discorso…